Nell’ordinamento italiano la l. 104/92, ed in particolare l’art. 33 co. 5, costituisce un vero e proprio caposaldo nell’ambito della sfera di tutela del portatore di handicap. Il legislatore più volte ha riordinato la normativa relativa e l’ultima riforma, apportata dal c.d. “collegato lavoro”, ha ulteriormente reso più accessibili i benefici in essa previsti.
Under Italian Law 104/92, and in particular art. 33 subsection 5, constitutes a true landmark in the sphere of protection of the handicapped. The legislature has repeatedly reorganized the legislation and the recent reform, made from cd “Related work”, he further made more accessible the benefits contained therein.

 

1. Premessa

Con la l.104/92, rubricata: Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate il legislatore ha voluto perseguire l’obiettivo di rendere effettiva una speciale tutela per i soggetti portatori di handicap, così statuendo all’art.1: la Repubblica:

a) garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società;
b) previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, per il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività nonché della realizzazione dei diritti
civili, politici e patrimoniali. In particolare, l’art. 33 co. 5, nelle varie versioni che si sono succedute nel tempo, ha sempre mantenuto, come scopo primario, quello di ampliare la sfera di tutela del portatore di handicap, salvaguardando situazioni di assistenza in atto, onde evitare rotture traumatiche e dannose, comunque entro limiti rimessi alla discrezionalità del legislatore (C.cost. 325/96).

 

2. Requisito della convivenza e prima modifica ex l. 53/2000.

Detta discrezionalità è stata esercitata in un primo tempo, riconoscendo il diritto in parola, solo in caso di convivenza del dipendente con il portatore di handicap, successivamente (nel testo della norma modificato con la l. 53/2000) anche al di fuori di tale circostanza, purchè comunque sussista il requisito attuale della continuità e dell’esclusività dell’assistenza: ( il genitore o il familiare, con
rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o affine entro il terzo grado handicappato, ha diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio.) La ratio della norma è evidentemente quella di favorire l’integrazione nella famiglia di provenienza della persona handicappata, perseguita attraverso una agevolazione per il familiare lavoratore che gli consenta o gli renda più agevole, mediante l’assegnazione ad una sede di lavoro il più vicino possibile all’abitazione, di accudire e assistere nel miglior modo possibile il parente o l’affine portatore di handicap .

 

3.Requisiti della continuità ed esclusività. Significati.

Pertanto, come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa la normativa richiamata si riferiva solo al lavoratore che già assisteva
con continuità un familiare portatore di handicap e non anche al dipendente che, non assistendo in atto con continuità un familiare
aspiri al trasferimento proprio al fine di instaurare il detto rapporto di assistenza continuativa.
Il legislatore però, non ha tradotto il contenuto dei due requisiti della continuità ed esclusività, prima della loro espunzione avvenuta con il c.d. collegato lavoro, lasciando tale compito alle singole amministrazioni ed in ultima analisi alla giurisprudenza dei TAR e
del Consiglio di Stato.

 

4. Riforma art. 33 co. 5 l.104/92, collegato lavoro l. 183/2010, espunzione requisiti della continuità ed esclusività.

Tale grave lacuna è stata comunque colmata dall’art. 24 della l. 183/2010 entrata in vigore il 24.11.2010 prevedendo che :il dipendente pubblico può ottenere il trasferimento indipendentemente dall’attualità continuità ed esclusività dell’assistenza prestata
Infatti con la nuova legge, i parenti e gli affini che possono richiedere i permessi e i congedi sono quelli entro il secondo grado (genitori, figli, fratelli, nonni, nipoti di nonni, suoceri, generi e nuore, cognati); il diritto può essere esteso anche a quelli di terzo grado
quando i genitori o il coniuge della persona con handicap grave abbiano compiuto 65 anni, siano deceduti, mancanti (intendendo per
questo per esempio i coniugi divorziati o separati, i genitori che hanno abbandonato il proprio figlio) o affetti da patologie invalidanti.

 

5. Applicazione riforma negli ordinamenti delle FF.AA. e Forze di Polizia – Problematica della c.d. specificità (Art. 19
l. 183/2010).

Purtroppo detta nuova normativa, sta incontrando difficoltà di applicazione all’interno delle FF.AA. e degli appartenenti alle Forze di Polizia, inducendo i medesimi a rivolgersi presso i vari TAR ed al Consiglio di Stato. Tale difficoltà è rappresentata dalla problematica relativa all’art.19 della l. 183/2010 (c.d. specificità) ossia se le nuove norme siano o meno immediatamente applicabili negli ordinamenti delle FF.AA. e delle Forze di Polizia senza l’adozione degli appositi provvedimenti legislativi previsti dalla norma in parola. A tal proposito la giurisprudenza dei TAR fino ad oggi, tende verso una interpretazione favorevole della normativa per i ricorrenti, riconoscendo la sua immediata applicazione senza bisogno di altri strumenti attuativi.

6. Jus Superveniens.

Peraltro in un’occasione il TAR Lazio, I quater, 24.10.2011,n. 8136, si è spinto oltre, ossia riconoscendo il diritto ad un appartenente della Polizia Penitenziaria ad essere trasferito presso una sede vicina al luogo di residenza del disabile, anche in virtù di una domanda di l.104/92 presentata antecedentemente all’entrata in vigore della L.183/2010 così statuendo:a seguito della modifica apportata dalla legge 183 del 2010, che ha espunto dall’art.33, co. 5 della l. n.104/92 anche il requisito della continuità, attualmente la norma recita:il lavoratore ci cui al comma 3 ha diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede, di tal che ormai non è proprio più consentito all’amministrazione motivare il diniego di trasferimento ex art.33, co. 5 della l. 104/92, basandosi sul requisito della continuità assistenziale, venuto meno come quello dell’esclusività già a sua volta espunto per effetto della precedente modifica
della norma operata dalla l. 8.3.2000, n.53. Né al riguardo può dirsi che tale versione dell’art. 33 co.5 l. n. 104/92 non si applica alla fattispecie, sorta prima della ridetta modifica, in quanto trattandosi di una modificazione normativa intervenuta quando ancora pendeva la domanda giudiziale, la proposizione di questa consentirebbe l’applicazione dello jus superveniens al rapporto non ancora esaurito.

 

7. Primi orientamenti delle Forze di Polizia.

Pertanto a seguito delle suddette pronunce, sia la Polizia di Stato che il Corpo di Polizia Penitenziaria, hanno adottato delle circolari
recependo, sostanzialmente, le modifiche apportate dalla l. 104/92 dalla l.183/10.Le circolari emanate sono:

1) per il Corpo della Polizia Penitenziaria cir. GDAP-0128123-2011 del 29.03.2011;

2) per la Polizia di Stato circ. n. 333.A/9806.G.3.1.

Di diverso avviso invece, è stato il Comando Regionale Lazio della Guardia di Finanza che con provvedimento prot. 0560087/11 del 09.12.2011 ha così stabilito:nelle more dell’emanazione delle suddette norme, continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui al Capitolo IV, punto 5, della circolare n. 379389/09 del 11.11.2009 del Comando Generale con riguardo ai requisiti dell’attualità/continuità ed esclusività per l’accesso al particolare regime.

 

8. La giurisprudenza dei TAR e del Consiglio di Stato. 

Contrariamente a quanto avviene nei TAR, ancora oscillante è la giurisprudenza del Consiglio di Stato il quale, mentre in un primo
momento si era pronunciato favorevolmente in merito alla ritenuta inapplicabilità dell’art. 19 al personale delle FF.AA. e delle Forze di Polizia (CdS, IV, n.6987/11 e CdS, IV, n.7025/11 ), successivamente si è rilevato un cambiato di orientamento nel senso di non riconoscere direttamente applicabili le norme modificate dalla L.183/2010 (Cds, Sez. IV, n. 2707/11, CdS. Sez. IV, n.66/12, Cds, Sez. IV, n. 300/12).

 

9. Conclusioni.

Nello specifico, a parere dello scrivente, la ritenuta inapplicabilità dell’art. 19 al personale delle FFAA e delle Forze di Polizia non appare coerente con il contenuto e la ratio della norma stessa la quale, nel rinviare a successivi provvedimenti legislativi la definizione degli ordinamenti, costituisce disposizione programmatica che obbliga il legislatore a tener conto delle specifiche funzioni esercitate dalle Forze Armate e delle Forze di Polizia riconoscendo al suddetto art.19 della l. 183/2010 immediata efficacia ed effetto abrogante limitatamente alle Forze Armate ed alle Forze di Polizia. Tale conclusione, appare essere legittima e ragionevole, non solo da un punto di vista giuridico, ma anche da un punto di vista giustizia sociale.
Occorre infatti ricordare che la l. n. 104/92 contiene norme a tutela dei disabili bisognevoli di assistenza che hanno il diritto a non
considerarsi di serie B, ossia affetti da un ulteriore handicap nel caso avessero solo familiari militari in grado di assisterli.